S. Camillo de Lellis

è il Patrono della Realtà locale SI di Bangkok (Thailandia) il cui Assistente cclesiastico è il P. Renato Attrezzi OMI, Missionario camilliano e Membro effettivo SI dal 2018

La sua festa si celebra il 14 luglio

La sua vita

Camillo nasce a Bucchianico (Chieti) il 25 maggio 1550 e muore a Roma il 14 luglio 1614.  Sua madre, Camilla de Compellis, l’ha messo al mondo a quasi 60 anni. Il padre Giovanni, ufficiale a servizio della Spagna, visto che il figlio non studia, lo prende tra i suoi soldati: maneggio delle armi, gioco, risse per i soldi, Camillo non chiede di meglio. Ma nel 1570 il padre muore, e un’ulcera a un piede manda lui all’ospedale San Giacomo di Roma.  Qui lo curano bene, lo assumono pure come inserviente, ma poi devono cacciarlo: non lavora, gioca, disturba, di notte si cala persino dalle finestre per andare a cercare barcaioli e facchini con cui intrattenersi fino all’alba, giocando per soldi a carte e a dadi.  Torna soldato e combatte per Venezia, poi per la Spagna, e, senza più soldi, finisce barbone in Puglia. Lo prendono poi come manovale i Cappuccini di Manfredonia, che lo aiutano anche a cambiare vita, tanto che nel 1575 lui chiede di entrare nell’Ordine.

Ma il piede malato lo riporta all’ospedale romano; il chiudersi e il riaprirsi della piaga scandiscono ormai i ritmi della sua vita. Stavolta rimane in ospedale per quattro anni, e si scopre capace di aiutare i malati, impara a curarli, dimentica il convento: la sua vita è lì per sempre, cercando uomini buoni che insieme a lui aiutino e curino ai malati.  Nel 1582 sono già in cinque. Camillo riprende a studiare, è ordinato prete nel 1584, vede crescere intorno a sé i compagni, che nel 1586 vengono riconosciuti dalla Chiesa come religiosi della “Compagnia dei Ministri degli Infermi”.  Portano sull’abito nero una grande croce di panno rosso; il segno che d’ora in poi, nelle guerre e in ogni sventura, annuncia il soccorso e ravviva la speranza. E vengono chiamati “Camilliani” dal nome del fondatore.

Si racconta

Molti raccontano di aver visto Camillo tra gli ammalati, pulire a mani nude i volti dei poverelli divorati dalla peste, e baciarli. Quando arrivava un malato, curava lui personalmente il rito dell’accoglienza: ogni malato veniva ricevuto alla porta, abbracciato, gli venivano lavati e baciati i piedi, veniva spogliato dei suoi stracci e rivestito di biancheria pulita, sistemato in un letto ben rifatto. Non voleva giorni di riposo. Quando il suo medico lo obbligava, perché non si sfinisse dalla fatica, tornava di nascosto.  Adorava ogni ammalato come fosse Gesù.  Un giorno, arrivò in Ospedale il Commendatore di S. Spirito (la più alta autorità ecclesiastica del tempo) che chiese impazientemente di parlare con Camillo, ma lui stava imboccando un malato: “Dite a Monsignore, fa rispondere, che adesso sono occupato con Gesù Cristo; appena avrò finito mi presenterò dinanzi a Sua Signoria illustrissima”.

(Anna Maria Gellini I SANTI AMICI VERI  EDB, 2015 pp.26-27)

 

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